Lotto No. 616


Giovanni Francesco Barbieri, detto il Guercino


Giovanni Francesco Barbieri,  detto il Guercino - Dipinti antichi

(Cento 1591– Bologna 1666)
Allegoria con Marte, Venere, Cupido e Crono,
olio su tela, cm 122 x 170

Provenienza:
forse collezione di Francesco Manganoni, Rimini (fino al 1688);
collezione privata europea

Il presente dipinto, sinora inedito, affascina per la sua eccellente qualità e può essere considerato uno studio a grandezza naturale del dipinto di Guercino sullo stesso soggetto al Dunham Massey, Altrincham, Cheshire (tav. 1).1
Il dipinto di Dunham Massey viene generalmente datato intorno al 1624–1626 , ossia dopo la partenza del Guercino da Roma, nel 1623. Lo stile figurativo, il soggetto mitologico, che dopo il 1623 comparirà solo raramente nelle sue opere, e l’insolito formato trasversale ovale, che riprende la forma dei cammei d’età classica, ci fanno sembrare molto più plausibile che il Guercino avesse lavorato a quella composizione già agli inizi del terzo decennio del Seicento.

Una datazione antecedente per entrambe le versioni di Marte, Venere, Cupido e Crono è suggerita anche dallo stile di disegno a penna acquerellato (già sul mercato dell’arte londinese) che a quanto pare rappresenta una prima invenzione a proposito di questa iconografia (tav. 2).(2) Nel disegno, nel quale manca Marte, compaiono quindi solo tre protagonisti. Più che ad un ovale, il formato corrisponde ad un rettangolo oblungo. Venere si è assopita sul suo giaciglio, e Cupido - al centro della tela – le siede in grembo e veglia su di lei mentre Crono (il Tempo) senza le ali e poggiato sulle stampelle, si avvicina da sinistra con lo sguardo avido. Le macchie scure acquerellate, insieme ai segni di penna applicati qui e là con empatia, creano un contrasto fortemente espressivo con il bianco della carta. Un chiaroscuro accentuato come questo trova il suo esatto pendant in alcuni bozzetti acquerellati del Guercino per la sua celebre pala d’altare di Santa Petronilla, eseguita nel 1623 per San Pietro a Roma. che oggi si conserva nella Pinacoteca Capitolina.(3)

La presente versione di Marte, Venere, Cupido e Crono (4)dev’esser quindi precedente a quella di Dunham Massey, come emerge chiaramente dalla diversa esecuzione di dettagli apparentemente secondari, come l’orecchio sinistro della Venere. L’orecchino con la perla manca sia nel quadro di Dunham Massey che in altre versioni sul tema, qualitativamente di gran lunga inferiori alla tela in esame. Forse alla fine l’orecchino fu omesso con la motivazione che Venere già indossa comunque monili sufficientemente sfarzosi, sul nastro riccamente adorno che le cinge il capo. In teoria il gioiello sul quadro di Dunham Massey potrebbe anche esser stato ridipinto, benché ciò sembri improbabile considerando che il dipinto in esame già presenta due pentimenti che correggono la posizione dell’orecchio.
L’orecchio di Venere è stato spostato di quasi un centimetro più in alto. Questo cambiamento è evidente sia sul margine del padiglione dell’orecchio esterno, che viene ripetuto più in alto (dei due pentimenti, questo è quello più visibile), che al di sotto, nei pressi del lobo dell’orecchio, dapprima dipinto e poi oggetto di pentimento. Il cambiamento di posizione dell’orecchio era senz’altro giustificato, in origine era infatti collocato troppo in basso. La correzione fu a quanto pare definitiva, poiché la nuova posizione dell’orecchio fu ripresa nel quadro di Dunham Massey e in tutte le altre versioni della composizione. Benché sia stata qui conservata la perla montata, Guercino a quanto pare ne dimenticò in un secondo momento la presenza, e non si diede la pena di dipingere un gancetto o un pezzo di filo, per fissare la perla al lobo dell’orecchio di Venere che aveva appena dipinto. Nonostante i due pentimenti fossero nettamente visibili, Guercino decise di non celare quei due cambiamenti dell’orecchio, a quanto pare non era prioritario per lui ultimare il dipinto rendendolo perfetto ed equilibrato. Ciò sembra indicare che si trattava di una sorta di fase sperimentale, come se il pittore ritenesse il quadro piuttosto uno schizzo fedele nelle dimensioni che non un’opera finale, da presentare ad un committente importante. Un metodo simile era stato adottato in passato anche da Tiziano, l’artista che più di ogni altro pittore, a prescindere da Guido Reni, influenzò il Guercino. Tiziano aveva l’abitudine di conservare nella sua bottega le versioni a grandezza naturale delle sue composizioni di maggior successo, e dopo un certo tempo le elaborava per poi, quando veniva il momento, presentarle ai clienti in una nuova veste modificata. Anche Guercino a quanto pare amava replicare le sue invenzioni iconografiche più fortunate, e considerava magari le prime versioni come delle “prove sperimentali”, mentre dedicava maggior tempo ed attenzione all’ultimazione delle versioni seguenti. Ciò si rivela ancor più evidente quando si considera il gran numero di repliche e varianti autografe che vengono alla luce, risalenti soprattutto alla fase giovanile del maestro, fino alla metà degli anni Venti del Seicento, ad esempio il suo San Francesco e l’angelo, del 1620 circa, di cui sono note tre versioni autografe.(5)  Il cat. n. 639 di quest’asta [Madonna col Bambino, di cui esiste un’altra versione in una collezione privata di Francoforte] è anch’esso uno schizzo ad olio a grandezza naturale, tuttavia di un quadro di devozione di formato più piccolo.
Altre indicazioni del fatto che Marte, Venere, Cupido e Crono (importante riscoperta nell’opera del Guercino) per il carattere stesso del quadro e contrariamente alla consueta metodologia di lavoro del Guercino, corrisponde piuttosto ad un bozzetto ad olio che ad un dipinto compiuto, si ritrovano negli svariati altri pentimenti, fra i quali ci limitiamo a citare soltanto la mano destra di Crono, dipinta nel gesto di indicare, proprio accanto all’orecchio di Venere. Inoltre il dipinto in esame diverge per tutta una serie di dettagli minori dalla versione di Dunham Massey, ad esempio nella sottoveste bianca di Venere, visibile all’altezza della vita, o nella fodera del cuscino, su cui si dimena Cupido catturato nella rete della dea. Inoltre si notano alcune differenze nella pennellata e nella stesura del colore. I lineamenti di Marte, il cui volto è in ombra, il suo pesante manto rosso e la sua armatura, presentano una pastosità del colore, laddove però la consistenza della pennellata appare più morbida grazie alla sovrapposizione delle velature. In altri punti, ad esempio in corrispondenza della figura di Crono, in special modo del suo avambraccio sinistro e della sua mano sinistra, nonché del manto, ma anche nel panneggio blu di Venere, il colore è applicato in strati più sottili e con maggiore spontaneità, e talvolta appare così diluito da ricordare l’effetto di un acquerello.
La differenza nell’esecuzione delle due versioni autografe di Marte, Venere, Cupido e Crono è evidente forse soprattutto nella resa dell’incarnato, specialmente di Venere e Cupido. Numerosi sono i pentimenti nel profilo del ventre e del petto di Venere, oltre che del suo braccio sinistro, e ad occhio nudo sono più evidenti che nel quadro di Dunham Massey, dove il numero dei pentimenti è analogo. Si riconosce però forse più chiaramente, rispetto al dipinto in esame, la resa più morbida del volto e del corpo di Venere, il che con grande probabilità è dovuto al fatto che nel dipinto di Dunham Massey si fece maggiormente ricorso alle velature. La figura paffuta di Cupido è qui senz’altro resa più a schizzo che non nel pendant di Dunham Massey; le macchie rosse di colore nelle mani e nei piedi sono integrate meno bene nell’incarnato infantile, che nel complesso appare chiarissimo, ma i suoi lineamenti sono qui meglio leggibili, senza i vari strati e le ombreggiature.

Perché il Guercino lasciò questo quadro incompiuto, diversamente da quella che era la sua consueta metodologia di lavoro? Una ragione potrebbe essere che alla fine dovette rendersi conto che le proporzioni delle figure e i rapporti reciproci fra di esse non erano così equilibrati come avrebbe voluto. Marte e Crono sono più accostati l’un l’altro rispetto al dipinto pendant di Dunham Massey, e le teste di Venere e Crono sono troppo grandi rispetto a quella di Marte. Oggi simili problemi di proporzioni non saltano più tanto agli occhi, ma per Guercino e per un suo committente esigente erano probabilmente essenziali.
E che cosa accadde del dipinto in oggetto quando la versione ultimata lasciò la bottega del Guercino? Forse funse da modello per le repliche di bottega come quella che oggi è conservata nel Museo di São Paulo.(6): Rispetto alla versione di Dunham Massey, quest’ultima presenta alcune differenze - chiaramente riconoscibili nella forma del drappeggio sotto le ali di Cupido e nella stoffa bianca della veste di Venere - che adesso riusciamo a spiegarci grazie al raffronto accurato con il dipinto in esame, appena riscoperto.

Quest’importante composizione del Guercino ispirò tanti altri artisti come Anthonis van Dyck, Simon Vouet e Adrian van der Werff.(7) Guercino stesso tornò a dedicarsi a quel soggetto iconografico negli anni della maturità, rivisitando la sua composizione sulla base delle sue invenzioni iconografiche precedenti.(8)  La composizione non fa riferimento ad un’unica fonte bibliografica specifica, ma elabora elementi di diverse tematiche, soprattutto tratte dalla storia dell’adulterio di Venere e Marte e dalla sua scoperta ad opera di Vulcano, ma anche le quattro stagioni della vita, Cupido punito e la vittoria del Tempo. Il dipinto ha forti caratteristiche emblematiche, ulteriormente esaltate dal formato ovale. La rete gettata su Cupido allude alla trappola invisibile preparata da Vulcano per catturare Marte e Venere e presentare i due amanti al cospetto degli dei dell’Olimpo. Secondo una tradizione letteraria risalente ad Omero, la rete di Vulcano viene elogiata come una sorta di ragnatela, praticamente invisibile ma forte come delle catene, forgiata con grande maestria da artigiani divini. Nel nostro dipinto Guercino abbozza la rete a tratti veloci: sopra la testa di Cupido sono accennati dei fili sottili, con pennellate morbide e cangianti, mentre nella versione successiva la struttura delle maglie della rete è più evidente. Il fatto che spontaneamente Guercino abbozzi la rete in questa tela, evidenzia il fatto che si trattava di una versione di data più antica.

Siamo grati a Nicholas Turner ed Anka Ziefer per l’aiuto prestato nella catalogazione del dipinto.

Note: (1) L. Salerno, I dipinti del Guercino, Roma 1988, n. 109; e Guercino in Britain, Paintings from British Collections, catalogo della mostra di M. Helston e T. Henry, National Gallery, Londra, giugno - luglio 1991, n. 16.
(2) Penna marrone, sfumata in marrone, su gessetto nero (asta, Christie’s, Londra, 3 luglio 1990, lotto numero 87). Nel catalogo dell’asta viene indicata correttamente la datazione del disegno agli inizi del terzo decennio del Seicento. La figura femminile del disegno può pertanto essere identificata come Venere, poiché presenta analogie con un bozzetto a Windsor Castle per la Venere distesa, dipinta dal Guercino nel 1615–1617 per il camino della Camera della Venere nella Casa Pannini a Cento (Salerno 1988, pp. 106/07, n. 24 I; oggi Pinacoteca Civica, Cento). L’ombra a destra sul disegno di Windsor pare accennare ad una figura in piedi che fu omessa nella versione ultimata ma che venne reintrodotta in disegni successivi per la figura di Crono. Per la discussione sul disegno di Windsor si veda: D. Mahon e N. Turner, The Drawings of Guercino in the Collection of her Majesty the Queen at Windsor Castle, Cambridge 1989, pag. 1, cat. n. 1.
(3) Salerno 1988, pp. 174–176, n. 92. Un bozzetto preparatorio per questa grande pala d’altare, Studio dei becchini nella Royal Library, Windsor Castle, si presta particolarmente bene ad un raffronto con il disegno di Venere, Cupido e Crono già sul mercato londinese dell’arte (inv. n. 2781; Mahon e Turner 1989, n. 25).
(4) Il dipinto fu pubblicato nel 2008 con una errata attribuzione a Lorenzo Gennari: Genova , Cambi Casa d’Aste, 21–24 ottobre 2008, lotto numero 781.
(5) Ne esistono versioni nella collezione Grimaldi Fava, Cento (D. Benati, a cura di, La Grazia dell’Arte, Collezione Grimaldi Fava, Milano 2009, pp. 186–189, n. 41); nel Muzeum Narodoue, Warschau (Salerno 1988, pag. 152, n. 72); e nella Staatliche Gemäldegalerie, Dresda (Salerno 1988, pag. 180, n. 98).
(6) Attribuito dall’autore a Lorenzo Gennari, 127 x 173,4, São Paulo, The São Paulo Museum of Art, inv. n. 1498 P.
(7) Anthonis van Dyck, Le quattro età della vita, Vicenza, Museo Civico; Simon Vouet, Marte, Venere, Cupido e Crono, Sarasota, John and Mable Ringling Museum of Art. A proposito del quadro di Adriaen van der Werff, Marte, Venere, Cupido e Crono, ritenuto una copia dal Guercino, vedi in: Bohain, Parigi, 17/18 gennaio 1816, Datenbank Getty Provenance Index).
(8) Un dipinto successivo e forse andato perduto, sullo stesso soggetto, viene menzionato nel Libro dei Conti del Guercino: Salerno 1988, pag. 383. Potrebbe esser correlato ad un dipinto esposto anticamente nel castello di Strzelce Opolskie (Slesia) e che presumibilmente rimase distrutto durante un bombardamento nel 1945. Una fotografia del dipinto fu pubblicata da Richard Förster (in: Schlesien. Illustrierte Zeitschrift, 6, 1912/13, pp. 306–308). Un disegno con una variante della stessa scena fu venduto da Christie’s, New York, l’11 gennaio 1994 come lotto numero 218 (con un’attribuzione a Domenico Maria Canuti); oggi RC Gallery, Berkely, California (con un’attribuzione a Cesare Gennari).

17.04.2013 - 18:00

Prezzo realizzato: **
EUR 146.700,-
Stima:
EUR 200.000,- a EUR 300.000,-

Giovanni Francesco Barbieri, detto il Guercino


(Cento 1591– Bologna 1666)
Allegoria con Marte, Venere, Cupido e Crono,
olio su tela, cm 122 x 170

Provenienza:
forse collezione di Francesco Manganoni, Rimini (fino al 1688);
collezione privata europea

Il presente dipinto, sinora inedito, affascina per la sua eccellente qualità e può essere considerato uno studio a grandezza naturale del dipinto di Guercino sullo stesso soggetto al Dunham Massey, Altrincham, Cheshire (tav. 1).1
Il dipinto di Dunham Massey viene generalmente datato intorno al 1624–1626 , ossia dopo la partenza del Guercino da Roma, nel 1623. Lo stile figurativo, il soggetto mitologico, che dopo il 1623 comparirà solo raramente nelle sue opere, e l’insolito formato trasversale ovale, che riprende la forma dei cammei d’età classica, ci fanno sembrare molto più plausibile che il Guercino avesse lavorato a quella composizione già agli inizi del terzo decennio del Seicento.

Una datazione antecedente per entrambe le versioni di Marte, Venere, Cupido e Crono è suggerita anche dallo stile di disegno a penna acquerellato (già sul mercato dell’arte londinese) che a quanto pare rappresenta una prima invenzione a proposito di questa iconografia (tav. 2).(2) Nel disegno, nel quale manca Marte, compaiono quindi solo tre protagonisti. Più che ad un ovale, il formato corrisponde ad un rettangolo oblungo. Venere si è assopita sul suo giaciglio, e Cupido - al centro della tela – le siede in grembo e veglia su di lei mentre Crono (il Tempo) senza le ali e poggiato sulle stampelle, si avvicina da sinistra con lo sguardo avido. Le macchie scure acquerellate, insieme ai segni di penna applicati qui e là con empatia, creano un contrasto fortemente espressivo con il bianco della carta. Un chiaroscuro accentuato come questo trova il suo esatto pendant in alcuni bozzetti acquerellati del Guercino per la sua celebre pala d’altare di Santa Petronilla, eseguita nel 1623 per San Pietro a Roma. che oggi si conserva nella Pinacoteca Capitolina.(3)

La presente versione di Marte, Venere, Cupido e Crono (4)dev’esser quindi precedente a quella di Dunham Massey, come emerge chiaramente dalla diversa esecuzione di dettagli apparentemente secondari, come l’orecchio sinistro della Venere. L’orecchino con la perla manca sia nel quadro di Dunham Massey che in altre versioni sul tema, qualitativamente di gran lunga inferiori alla tela in esame. Forse alla fine l’orecchino fu omesso con la motivazione che Venere già indossa comunque monili sufficientemente sfarzosi, sul nastro riccamente adorno che le cinge il capo. In teoria il gioiello sul quadro di Dunham Massey potrebbe anche esser stato ridipinto, benché ciò sembri improbabile considerando che il dipinto in esame già presenta due pentimenti che correggono la posizione dell’orecchio.
L’orecchio di Venere è stato spostato di quasi un centimetro più in alto. Questo cambiamento è evidente sia sul margine del padiglione dell’orecchio esterno, che viene ripetuto più in alto (dei due pentimenti, questo è quello più visibile), che al di sotto, nei pressi del lobo dell’orecchio, dapprima dipinto e poi oggetto di pentimento. Il cambiamento di posizione dell’orecchio era senz’altro giustificato, in origine era infatti collocato troppo in basso. La correzione fu a quanto pare definitiva, poiché la nuova posizione dell’orecchio fu ripresa nel quadro di Dunham Massey e in tutte le altre versioni della composizione. Benché sia stata qui conservata la perla montata, Guercino a quanto pare ne dimenticò in un secondo momento la presenza, e non si diede la pena di dipingere un gancetto o un pezzo di filo, per fissare la perla al lobo dell’orecchio di Venere che aveva appena dipinto. Nonostante i due pentimenti fossero nettamente visibili, Guercino decise di non celare quei due cambiamenti dell’orecchio, a quanto pare non era prioritario per lui ultimare il dipinto rendendolo perfetto ed equilibrato. Ciò sembra indicare che si trattava di una sorta di fase sperimentale, come se il pittore ritenesse il quadro piuttosto uno schizzo fedele nelle dimensioni che non un’opera finale, da presentare ad un committente importante. Un metodo simile era stato adottato in passato anche da Tiziano, l’artista che più di ogni altro pittore, a prescindere da Guido Reni, influenzò il Guercino. Tiziano aveva l’abitudine di conservare nella sua bottega le versioni a grandezza naturale delle sue composizioni di maggior successo, e dopo un certo tempo le elaborava per poi, quando veniva il momento, presentarle ai clienti in una nuova veste modificata. Anche Guercino a quanto pare amava replicare le sue invenzioni iconografiche più fortunate, e considerava magari le prime versioni come delle “prove sperimentali”, mentre dedicava maggior tempo ed attenzione all’ultimazione delle versioni seguenti. Ciò si rivela ancor più evidente quando si considera il gran numero di repliche e varianti autografe che vengono alla luce, risalenti soprattutto alla fase giovanile del maestro, fino alla metà degli anni Venti del Seicento, ad esempio il suo San Francesco e l’angelo, del 1620 circa, di cui sono note tre versioni autografe.(5)  Il cat. n. 639 di quest’asta [Madonna col Bambino, di cui esiste un’altra versione in una collezione privata di Francoforte] è anch’esso uno schizzo ad olio a grandezza naturale, tuttavia di un quadro di devozione di formato più piccolo.
Altre indicazioni del fatto che Marte, Venere, Cupido e Crono (importante riscoperta nell’opera del Guercino) per il carattere stesso del quadro e contrariamente alla consueta metodologia di lavoro del Guercino, corrisponde piuttosto ad un bozzetto ad olio che ad un dipinto compiuto, si ritrovano negli svariati altri pentimenti, fra i quali ci limitiamo a citare soltanto la mano destra di Crono, dipinta nel gesto di indicare, proprio accanto all’orecchio di Venere. Inoltre il dipinto in esame diverge per tutta una serie di dettagli minori dalla versione di Dunham Massey, ad esempio nella sottoveste bianca di Venere, visibile all’altezza della vita, o nella fodera del cuscino, su cui si dimena Cupido catturato nella rete della dea. Inoltre si notano alcune differenze nella pennellata e nella stesura del colore. I lineamenti di Marte, il cui volto è in ombra, il suo pesante manto rosso e la sua armatura, presentano una pastosità del colore, laddove però la consistenza della pennellata appare più morbida grazie alla sovrapposizione delle velature. In altri punti, ad esempio in corrispondenza della figura di Crono, in special modo del suo avambraccio sinistro e della sua mano sinistra, nonché del manto, ma anche nel panneggio blu di Venere, il colore è applicato in strati più sottili e con maggiore spontaneità, e talvolta appare così diluito da ricordare l’effetto di un acquerello.
La differenza nell’esecuzione delle due versioni autografe di Marte, Venere, Cupido e Crono è evidente forse soprattutto nella resa dell’incarnato, specialmente di Venere e Cupido. Numerosi sono i pentimenti nel profilo del ventre e del petto di Venere, oltre che del suo braccio sinistro, e ad occhio nudo sono più evidenti che nel quadro di Dunham Massey, dove il numero dei pentimenti è analogo. Si riconosce però forse più chiaramente, rispetto al dipinto in esame, la resa più morbida del volto e del corpo di Venere, il che con grande probabilità è dovuto al fatto che nel dipinto di Dunham Massey si fece maggiormente ricorso alle velature. La figura paffuta di Cupido è qui senz’altro resa più a schizzo che non nel pendant di Dunham Massey; le macchie rosse di colore nelle mani e nei piedi sono integrate meno bene nell’incarnato infantile, che nel complesso appare chiarissimo, ma i suoi lineamenti sono qui meglio leggibili, senza i vari strati e le ombreggiature.

Perché il Guercino lasciò questo quadro incompiuto, diversamente da quella che era la sua consueta metodologia di lavoro? Una ragione potrebbe essere che alla fine dovette rendersi conto che le proporzioni delle figure e i rapporti reciproci fra di esse non erano così equilibrati come avrebbe voluto. Marte e Crono sono più accostati l’un l’altro rispetto al dipinto pendant di Dunham Massey, e le teste di Venere e Crono sono troppo grandi rispetto a quella di Marte. Oggi simili problemi di proporzioni non saltano più tanto agli occhi, ma per Guercino e per un suo committente esigente erano probabilmente essenziali.
E che cosa accadde del dipinto in oggetto quando la versione ultimata lasciò la bottega del Guercino? Forse funse da modello per le repliche di bottega come quella che oggi è conservata nel Museo di São Paulo.(6): Rispetto alla versione di Dunham Massey, quest’ultima presenta alcune differenze - chiaramente riconoscibili nella forma del drappeggio sotto le ali di Cupido e nella stoffa bianca della veste di Venere - che adesso riusciamo a spiegarci grazie al raffronto accurato con il dipinto in esame, appena riscoperto.

Quest’importante composizione del Guercino ispirò tanti altri artisti come Anthonis van Dyck, Simon Vouet e Adrian van der Werff.(7) Guercino stesso tornò a dedicarsi a quel soggetto iconografico negli anni della maturità, rivisitando la sua composizione sulla base delle sue invenzioni iconografiche precedenti.(8)  La composizione non fa riferimento ad un’unica fonte bibliografica specifica, ma elabora elementi di diverse tematiche, soprattutto tratte dalla storia dell’adulterio di Venere e Marte e dalla sua scoperta ad opera di Vulcano, ma anche le quattro stagioni della vita, Cupido punito e la vittoria del Tempo. Il dipinto ha forti caratteristiche emblematiche, ulteriormente esaltate dal formato ovale. La rete gettata su Cupido allude alla trappola invisibile preparata da Vulcano per catturare Marte e Venere e presentare i due amanti al cospetto degli dei dell’Olimpo. Secondo una tradizione letteraria risalente ad Omero, la rete di Vulcano viene elogiata come una sorta di ragnatela, praticamente invisibile ma forte come delle catene, forgiata con grande maestria da artigiani divini. Nel nostro dipinto Guercino abbozza la rete a tratti veloci: sopra la testa di Cupido sono accennati dei fili sottili, con pennellate morbide e cangianti, mentre nella versione successiva la struttura delle maglie della rete è più evidente. Il fatto che spontaneamente Guercino abbozzi la rete in questa tela, evidenzia il fatto che si trattava di una versione di data più antica.

Siamo grati a Nicholas Turner ed Anka Ziefer per l’aiuto prestato nella catalogazione del dipinto.

Note: (1) L. Salerno, I dipinti del Guercino, Roma 1988, n. 109; e Guercino in Britain, Paintings from British Collections, catalogo della mostra di M. Helston e T. Henry, National Gallery, Londra, giugno - luglio 1991, n. 16.
(2) Penna marrone, sfumata in marrone, su gessetto nero (asta, Christie’s, Londra, 3 luglio 1990, lotto numero 87). Nel catalogo dell’asta viene indicata correttamente la datazione del disegno agli inizi del terzo decennio del Seicento. La figura femminile del disegno può pertanto essere identificata come Venere, poiché presenta analogie con un bozzetto a Windsor Castle per la Venere distesa, dipinta dal Guercino nel 1615–1617 per il camino della Camera della Venere nella Casa Pannini a Cento (Salerno 1988, pp. 106/07, n. 24 I; oggi Pinacoteca Civica, Cento). L’ombra a destra sul disegno di Windsor pare accennare ad una figura in piedi che fu omessa nella versione ultimata ma che venne reintrodotta in disegni successivi per la figura di Crono. Per la discussione sul disegno di Windsor si veda: D. Mahon e N. Turner, The Drawings of Guercino in the Collection of her Majesty the Queen at Windsor Castle, Cambridge 1989, pag. 1, cat. n. 1.
(3) Salerno 1988, pp. 174–176, n. 92. Un bozzetto preparatorio per questa grande pala d’altare, Studio dei becchini nella Royal Library, Windsor Castle, si presta particolarmente bene ad un raffronto con il disegno di Venere, Cupido e Crono già sul mercato londinese dell’arte (inv. n. 2781; Mahon e Turner 1989, n. 25).
(4) Il dipinto fu pubblicato nel 2008 con una errata attribuzione a Lorenzo Gennari: Genova , Cambi Casa d’Aste, 21–24 ottobre 2008, lotto numero 781.
(5) Ne esistono versioni nella collezione Grimaldi Fava, Cento (D. Benati, a cura di, La Grazia dell’Arte, Collezione Grimaldi Fava, Milano 2009, pp. 186–189, n. 41); nel Muzeum Narodoue, Warschau (Salerno 1988, pag. 152, n. 72); e nella Staatliche Gemäldegalerie, Dresda (Salerno 1988, pag. 180, n. 98).
(6) Attribuito dall’autore a Lorenzo Gennari, 127 x 173,4, São Paulo, The São Paulo Museum of Art, inv. n. 1498 P.
(7) Anthonis van Dyck, Le quattro età della vita, Vicenza, Museo Civico; Simon Vouet, Marte, Venere, Cupido e Crono, Sarasota, John and Mable Ringling Museum of Art. A proposito del quadro di Adriaen van der Werff, Marte, Venere, Cupido e Crono, ritenuto una copia dal Guercino, vedi in: Bohain, Parigi, 17/18 gennaio 1816, Datenbank Getty Provenance Index).
(8) Un dipinto successivo e forse andato perduto, sullo stesso soggetto, viene menzionato nel Libro dei Conti del Guercino: Salerno 1988, pag. 383. Potrebbe esser correlato ad un dipinto esposto anticamente nel castello di Strzelce Opolskie (Slesia) e che presumibilmente rimase distrutto durante un bombardamento nel 1945. Una fotografia del dipinto fu pubblicata da Richard Förster (in: Schlesien. Illustrierte Zeitschrift, 6, 1912/13, pp. 306–308). Un disegno con una variante della stessa scena fu venduto da Christie’s, New York, l’11 gennaio 1994 come lotto numero 218 (con un’attribuzione a Domenico Maria Canuti); oggi RC Gallery, Berkely, California (con un’attribuzione a Cesare Gennari).


Hotline dell'acquirente lun-ven: 10.00 - 17.00
old.masters@dorotheum.at

+43 1 515 60 403
Asta: Dipinti antichi
Tipo d'asta: Asta in sala
Data: 17.04.2013 - 18:00
Luogo dell'asta: Vienna | Palais Dorotheum
Esposizione: 06.04. - 17.04.2013


** Prezzo d'acquisto comprensivo di tassa di vendita e IVA

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